La vita di San Martino

San Martino nacque a Sabaria, in Pannonia (corrispondente all'attuale Ungheria) nel 316-317, figlio di un tribuno militare e anche egli  fu soldato già all'età di 15 anni. Diciottenne, dopo aver avuto una crisi mistica, ricevette il battesimo ad Amiens (Francia), dove egli - secondo la tradizione - avrebbe dato la prima prova di carità, dividendo il proprio mantello con un povero. All'episodio è legata la nascita dell'espressione "estate di San Martino", in quanto si verificò uno straordinario mutamento climatico, per cui l'inverno, fino ad allora rigidissimo, divenne estremamente mite.

Abbandonato l'esercito, si stabilì a Poitiers, dove venne nominato dapprima esorcista, quindi sacerdote da Sant'Ilario. Dopo una serie di viaggi che lo portarono in Pannonia, a Milano, nell'isola di Gallinara e a Roma, si ritirò nelle vicinanze di Poitiers, fondando il primo monastero nel 361, mentre la sua popolarità cresceva continuamente.

Nel 371 divenne vescovo di Tours e diffuse il cristianesimo nella Gallia occidentale; svolse infatti una straordinaria opera di evangelizzazione, che portò all'edificazione di un gran numero di chiese rurali e di monasteri, tra i quali quello di Marmoutier, che egli scelse quale sua residenza. Morto a Tours nel 397, la sua tomba divenne oggetto di molti pellegrinaggi e su di essa venne eretta una straordinaria basilica.

La sua esistenza ci è nota grazie alla Vita di San Martino,  composta dal suo discepolo Sulpicio Severo. E' considerato il patrono dei soldati e la sua festa si celebra l'11 novembre. Fu uno dei santi più popolari dell'Europa occidentale, tanto che molte chiese e parecchi comuni presero il suo nome.

 


L'articolo che segue è del dottor Maurizio Cusani, apparso sul n° 131 della rivista "L'Oculista Italiano"

 

 

Uno dei miracoli più interessanti operato da questo straordinario santo fu quello operato sull'amico Paolino di Nola, guarendogli un occhio. S. Martino è ben famoso per la vestizione del povero ignudo morente di freddo con metà del suo mantello di ufficiale romano. Meno noto, in realtà, è che questo santo operò numerosissimi miracoli e costituisce uno degli uomini più venerati nel mondo e particolarmente nell area francofona dove i toponimi tratti dal suo nome superano ampiamente qualsiasi altra pia venerazione.

Martino nacque in Pannonia in una località che oggi sarebbe in Ungheria presso il confine austriaco. Il suo coevo biografo, Sulpicio Severo, scrisse che viaggiò molto, nella prima parte della sua vita. In Italia vive a Pavia, a Milano e, come asceta, lo troviamo sull'isola di Gallinara, di fronte ad Albenga. Siamo nei primi anni del 330 d.c., in un periodo ancora difficile per la giovane fede cattolica, travagliata ancora da persecuzioni da parte dello stato romano e divisa da diatribe fra le varie eresie, particolarmente quella ariana.
Dal 361 Martino risiede a Ligugè, vicino a Poitiers, e viene a forza acclamato vescovo dalla popolazione dopo una serie di miracoli. Resuscita anche dei morti ed evangelizza la Gallia. La guarigione dell'occhio avviene circa nel 386 D.C.
Cosa narra Sulpicio Severo?
"Paolino aveva cominciato a soffrire gravemente a un occhio, e già un velo molto spesso aveva coperto la sua pupilla fino a oscurarla interamente, finché Martino gli toccò l'occhio con un pennello e gli restituì la salute che aveva prima, eliminando ogni tipo di dolore".
Sulpicio usa il termine penicillum che può tradursi con pennello o anche spugnetta. Ma possono essere fatte anche altre ipotesi. Comunque il penicillum (è curioso come il primo antibiotico sia stata la penicillina), serviva, tradizionalmente, per iniettare o spalmare colliri o pomate o unguenti nell'occhio malato. Il racconto sembra proprio cronachistico e non sembra affatto miracoloso. Sembra di assistere a un intervento medico o chirurgico da parte di Martino. Quasi da meritargli l'acclamazione di patrono di tutti i medici oculisti.


Molti commentatori, stranamente, hanno parlato di una guarigione da una banale cataratta. Ma questo non sembra verosimile. Nel 386 Paolino aveva presumibilmente poco più di 30 anni. È da escludere una cataratta senile, che, fra l'altro, non è dolorosa, e il fatto che la patologia sia monolaterale fa, piuttosto, pensare a una cataratta traumatica. E forse il dolore proviene da una forma intumescente con glaucoma secondario da blocco pupillare. Presso i santuari pagani gallici dell'epoca sono stati reperiti numerosi timbri di oculisti.

La reclinatio era una tecnica di cura della cataratta che i druidi sapevano compiere, secondo diverse fonti, con insospettato successo. I pellegrini pagani e poi cristiani accorrevano presso questi santuari per ritrovare la vista perduta.
Non sembra folle pensare che anche Martino avesse appreso a compiere con grande destrezza questo atto chirurgico di spinta nel vitreo del cristallino intumescente in toto.
Operare un occhio dolente, però, e in condizioni di giaucoma secondario, sembra un po' troppo pericoloso, anche se eseguito da una mano santa. E poi Sulpicio ci avrebbe narrato la genesi di una cataratta traumatica che avrebbe abbellito e reso ancor più interessante il racconto.
Un'altra ipotesi può, quindi, essere avanzata. Il tracoma era una cheratocongiuntivite dolorosa abbastanza frequente all'epoca e può determina re opacità corneali definitive e cecità.
Ma in genere è una forma bilaterale e anche se può essere ben compreso come un medicamento abilmente applicato sia in grado di eradicare il processo patologico, sventuratamente ancor oggi non si conosce un modo per eliminare le opacità corneali se non mediante un trapianto corneale o una esecuzione con laser ad eccimeri terapeutica. Il che sembra francamente fuori dalla portata dei livelli tecnici dell'epoca.
Allora resta un'altra ipotesi, che, finora, a quanto mi consti, è sfuggita ai commentatori: uno pterigio. Uno pterigio frequentemente si presenta monolateralmente, vela una "pupilla" fino alla cecità abbastanza rapidamente, come sembra di intuire dal racconto, e può comportare dolore se, rilevato come può essere e nelle condizioni igieniche dell'epoca, si infiamma. Inoltre anche i movimenti oculari possono diventare assai fastidiosi. E Martino può permettersi di asportarlo con una piccola lametta, staccandolo delicatamente dalla cornea sottostante, e applicando qualche soluzione disinfettante in funzione di copertura antibatterica.

Bravo Martino!

Resta un mistero come e da chi Martino abbia imparato il mestiere di oculista. In Gallia da qualche druido convertito o da parte di qualche medico al seguito dell'esercito romano nel tempo in cui era ancora ufficiale dell'imperatore?