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[Bessude], 14 agosto 1800

Zenzachè voi mene aveste accertato, era io persuasissimo, che con dispiacer sommo avreste abbandonate le fiorentissime contrade toscane, e che codeste cagliaritane sarianvi sembrate, al rivederle, solitudo mera, ed abitazion d'augelli malaugurati. Non tutti siamo Ulissi per contentarci d'Itaca. Nulla mi dite del vostro zio, che pensavate rimenar in patria, nulla di Mons. Fabroni (1). nulla dello stato dell'Italia (2), intorno a cui crederò io unicamente quando voi mi scriverete.
Questo Logodoro è accorato dalla scarsissima raccolta, dà pagamenti, e da qualche timore d'invasione nimica
(3). Io nondimeno vivo tranquillissimo per la speranza della pace che mi lusinga non vanamente. Altrettanta tranquillità auguro a voi in seno a' vostri consanguinei, che riverirete a nome mio, baciando e ribaciando l'angelico nostro Luigi, e Francesco candidissimo al pari di qualunque colomba.
Vale, animae dimidium meae, iterum vale, amicorum ocelle. Io sarò sempre

Il vostrissimo
Carboni



(1) Angelo Fabroni, letterato italiano (Marradi, Firenze, 1732 ­ Pisa 1803). Compiuti a Marradi gli studi elementari si trasferì a Roma dove, nel 1750, ottenne il posto di convittore nel collegio riservato ai giovani del Granducato di Toscana. Nel Collegio Romano dei gesuiti seguì l'intero corso secondario superiore di retorica e filosofia, facendosi apprezzare dai maestri nelle esercitazioni scolastiche per le composizioni in prosa latina. Nel 1753 assunse gli ordini alternando gli obblighi religiosi agli studi eruditi. Rientrò in Toscana nel 1767 e due anni dopo fu nominato provveditore allo Studio di Pisa e priore dell'Ordine cavalleresco di S. Stefano. Fu il direttore del Giornale de' letterati di Pisa dal 1771 al 1776, membro della Crusca e fornì al governo lorenese pareri e consulenze. Dopo anni di malattia, morì il 22 settembre 1803. Cfr. U. BALDINI, Fabroni Angelo,in Dizionario biografico cit., XIVL, pp. 2-12. Il Fabroni aveva ospitato Carboni a Pisa quando, nel 1795, aveva intrapreso un viaggio nella penisola.

(2) Napoleone, nella primavera del 1800, traversò le Alpi e riportò sugli Austriaci una grande vittoria (Marengo 14 giugno) che riportava in vita la Repubblica Cisalpina, la Repubblica ligure e il dominio francese sul Piemonte. La sconfitta subita costrinse Francesco II d'Asburgo ad abbandonare il Belgio e l'Italia settentrionale e a piegarsi alle stesse condizioni di pace pattuite a Campoformio (17 ottobre 1797) firmando, nel febbraio 1801, la pace di Lunéville. Cfr. C. CAPRA, L'età rivoluzionaria e napoleonica in Italia 1796-1815, Torino, 1978, p.148; M. ROSA, M. VERGA, Storia dell'Età Moderna 1450-1815, Milano, 1998, pp. 506-507.

(3) Oltre alla disastrosa situazione interna, sia politica che economico-finanziaria, destavano preoccupazioni anche le vicende di ordine internazionale. Si temeva in Sardegna un attacco francese, possibile in qualsiasi momento, ma anche l'Inghilterra di Nelson, nonostante desse protezione al Regno, era vista con occhio vigile in quanto l'isola era dall'ammiraglio nettamente contrapposta e preferita sia a Malta, sia alla Sicilia. "Essa è la più bella isola del Mediterraneo e dispone di porti adatti per arsenali e può dare riparo alle nostre flotte, a sole ventiquattro ore di navigazione" scriveva al Ministro della guerra il 22 dicembre 1803. Infatti, soprattutto nella guerra con la Francia, l'isola avrebbe offerto agli inglesi un'ottima posizione strategica. Cfr. G. SOTGIU, Storia della Sardegna sabauda cit., p. 238; M. CABIDDU, La Sardegna vista dagli inglesi (I viaggiatori dell'Ottocento), Quartu S. Elena (CA), 1982, p. 21.